Questo è un testo di semiotica emozionale, corrotto nel suo svolgersi dall’ingresso coatto di una logica predatrice che non fa prigionieri. È un tentativo di fuga dalla parola, un pianto spontaneo che cerca di lavare il lemma dal suo significato per ridurlo a suono, cercando in esso il concetto che – arbitrariamente – solo a posteriori s’è reso giustapposizione di lettere nell’intento di declinarsi.
Come ogni digestione è una rielaborazione, ogni parola è un tentativo di espressione. L’affermazione è caduca e la pelle ne è conscia.
E solo il verso, tragicamente libero, può provare a esserne il linguaggio.