Versi d’amore che parlano all’Amore. Che danzano, quasi in sospensione, sulle macerie della vita, nelle tasche cucite sulla pelle, e che ammutoliscono, indagano, disvelano l’intimo per poi adagiarsi in quegli occhi “che hanno il sapore della notte”.
C’è la persona amata ma c’è soprattutto il noi, la perdizione e il focolare domestico, la carne ed il cuore, il cercarsi e ricercarsi, come la luce che trova nuova linfa nel giorno.
Il tramonto del mio io sarà l’alba di noi: ecco la comunione dei corpi e delle anime, il senso dell’essere, l’unicità della vita che trova accoglimento semplicemente nell’altro. Nel morire nell’altro, nella creazione di una nuova essenza di vita.
Ma in questi versi ci sono anche i tormenti, le fragilità, i pugni chiusi, i giorni che diventano sacchi sulle spalle, chiodi nella pelle. E poi l’anima bagnata con lacrime d’inchiostro, le parole che l’io lascia scrivere ad un bicchiere di vino. E per questo forse più sincere.
C’è anche il senso dell’annichilimento, della pochezza dei giorni, a volte dell’inutilità di un percorso, di una scelta. Con la notte che, anima bifronte, diventa uno spazio temporale in cui perdersi e poi rinascere, in cui assorbire – a volte da sconfitto – quello “squarcio che non ha cure”. E il dolore resta dolore, il buio racconta il vuoto dell’anima, quell’abisso che ci annienta diventa quasi parte di noi.
Non resta che rifugiarsi nella poesia, “luogo di verità e di speranza”, dove le parole si trasformano in vita. In cammino verso l’altro. In cammino verso noi.
Dalla prefazione di Cosimo Marulli