A cura di Claudio Salone
La santa fattoria è un romanzo-mondo, in cui le vicende dell’agricoltore Andreas Sintlinger e della sua famiglia, in particolare di sua figlia Lenlein, cieca alla nascita, si svolgono nella cornice della campagna vestfalico-renana, ricca di forme dai colori sfumati, “alla Rembrandt” (Hugo von Hofmannsthal) e si intessono con la “grande” storia (le lotte operaie, la rinascita del movimento anabattista). In esso tuttavia a prevalere è la dimensione intima, la faticosa ricerca di senso che investe tutti i personaggi e che nei protagonisti principali assume il carattere di un inesausto scavare nell’anima sulle tracce di un inattingibile Assoluto. Lettura certo non facile, ma ricca di nutrimento per chi ancora oggi voglia affrontare temi “radicali”, ormai generalmente dismessi da una modernità veloce e spesso corriva. La scrittura è di intensa complessità e abbisogna “di una pazienza incurante del dilatarsi del tempo” (Bithell), volta com’è a scavare “al di là delle parole”, nell’intimo dell’anima umana, per scoprirne la sua natura autentica, che è un tutt’uno con Dio.