L’undici novembre del 1939, la baronessa Lea Emminti dei Crociati di Cupaconca riceve un enorme mazzo di fiori corredato dalla dedica di un anonimo adulatore. Si scatena l’ira del marito, il barone Digito Carcaforte dei Consacrati di Puzzucùpu, centurione dell’MVSN, aspirante seniore e magari console, conosciuto da quasi tutte le donne di Messapia, nel Salento, per le sue doti virili. Arrivano altri mazzi di fiori anonimi con messaggi sempre più arditi e oltraggiosi. Ingiusti sospetti cominciano a pesare sulla baronessa Lea, vilipesa e abbandonata anche dalle sue amiche più strette, tutte appartenenti a quell’aristocrazia decadente che durante il Ventennio aveva riguadagnato un prestigio sociale tanto fatuo quanto protervo. Allo stesso modo il barone Digito, suo marito, è vittima della pubblica derisione che lo bolla come cornuto e lo spinge a cercare autonomamente il farabutto spasimante occulto. La cosa incancrenisce sfociando in somministrazioni di olio di ricino e spedizioni punitive che arrivano a rasentare il tentato omicidio. Tra le rivalità nella gerarchia fascista, l’intreccio di tradimenti, le meschine ritorsioni e i giochi di potere, soltanto il maresciallo Pio Aspino Spono riuscirà a condurre un’indagine sottile fino a scoprire tutta la sorprendente verità. Ma alla verità seguirà la giustizia?