Questo romanzo, vincitore nel 1989 del Commowealth Writers’ Prize – uno dei riconoscimenti più importanti per le letterature in lingua inglese – venne definito dal New York Times un piccolo capolavoro. “In sole duecento pagine”, scrisse, “sono contenuti interi volumi di significati”.
Mattina Brecon, ricca newyorchese, si trasferisce per due mesi nella cittadina di Puamahara, in Nuova Zelanda, attratta dalla leggenda del Fiore della Memoria che si dice cresca in quel luogo. Qui incontra una galleria di personaggi affascinanti, metafore di un mondo alienato in cui tutti si definiscono stranieri e sono estranei a se stessi, alla propria famiglia, ai propri ricordi, alla propria terra. A movimentare ulteriormente la permanenza di Mattina è il suo rapporto con Dinny Wheatstone, una romanziera impostora – come lei stessa si definisce – centro focale di una serie di eventi surreali che culminano in una pioggia di lettere dell’alfabeto.
Il romanzo, tradotto per la prima volta in Italia, parla di memoria, conoscenza di sé e degli altri, del concetto di distanza e di punto di vista, del volto elusivo della scrittura.
Seconda edizione
Rassegna stampa
“È una storia che si fa gioco del lettore per spiazzarlo e commuoverlo, quella che Janet Frame, grande scrittrice neozelandese scomparsa nel 2004, narra nel suo ultimo romanzo, finora inedito in Italia. […]
L’ossessione gentile della morte scorre sotterranea in tutto il romanzo e si mescola alla meraviglia per il mondo […]
La tenera, dolente Mattina è il fantasma della stessa Frame, che nell’addossarle la malattia che l’avrebbe consegnata alla morte sei anni più tardi, sembra accendere la scintilla più brillante di quella qualità onirica e preveggente che percorre la sua letteratura.”
Laura Crinò – D di Repubblica
“Con uno sguardo disincantato e sincero, Janet Frame ci mostra un mondo che non ha più nulla di quel “dreamtime” che promette e di cui pretende di essere depositario. Se da una parte smonta – in questa come nelle sue altre opere – le menzogne e le convenzioni della società, dall’altra coglie il meraviglioso nei dettagli della quotidianità utilizzando un linguaggio lirico e ricco di metafore che riporta il quotidiano in una dimensione fiabesca, al di fuori del tempo.”
Cecilia Barella – La Compagnia del Libro
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