Questi racconti descrivono un’umanità implosa in se stessa e bloccata nella paura dell’altro in cui il tornaconto personale contingente è l’unico criterio e in cui i principi, se resistono, lo fanno solo formalmente: come alibi per le azioni più efferate. Lo spaesamento si avverte in ogni scelta, ove un razionalismo esasperato cela l’inconsapevolezza delle conseguenze reali delle proprie azioni. In questi quadri di ordinaria follia l’essere umano emerge in tutta la sua grettezza. Il paradosso è lo strumento usato dall’autore per rendere – con ironia e inventiva – questa asfittica condizione, in cui non sembra più possibile un entusiasmo genuino, non corrotto in partenza dall’ipocrisia di una vita malamente vissuta. Così la “terza giovinezza” non è una fase della vita anagrafica dell’individuo, ma un ultimo, grottesco tentativo di dare un senso – uno qualsiasi – alle cose della vita.
A cura di Francesca Santarelli