L’ex commissario Giò Molino, prematuramente costretto alla pensione a causa di uno scontro a fuoco, viene contattato dal suo amico e vice-questore Chicco Servillo per indagare, parallelamente all’inchiesta ufficiale della Polizia, su un terribile attentato che ha sconvolto Torino. A Molino, detto l’“uomo di legno” per il carattere spigoloso e per l’hobby di ricostruire, rigorosamente in legno, le piazze del mondo in miniatura, l’incidente sul lavoro non ha procurato solo una ridotta capacità polmonare, ma gli ha anche dato un dono: la facoltà di vedere l’aura emanata dalle persone. Scoprirà presto di condividere questa dote, indesiderata e sempre tenuta segreta, con Macs, un bambino “di una delicatezza struggente”, che sembra avere un contatto privilegiato con la natura e attorno al quale Molino vede un’aura cristallina. Macs, però, certe volte è turbato da “qualcosa dentro che mette paura”, qualcosa che sente quando succedono cose brutte, o quando qualcuno muore: è questa la sensazione che lo lascia impietrito sulla collina dove sorge la casa di Molino, proprio nell’istante in cui gli ordigni esplodono alla stazione Porta Nuova. Da qui si snoda la vicenda che porterà alla soluzione del caso, non prima di averci fatto scoprire i tratti meno spigolosi del nostro uomo di legno, l’ironia della sorella Agnese, il coraggio di mamma Ada e la sottile impertinenza di Servillo, avvicinandoci ad una curiosa teoria new-age che nulla ha di scientifico, ma che ci fa venire voglia di incontrare un bambino come Macs.