Skip to main content

Fattacci brutti a via del Boschetto

copertina

Fattacci brutti a via del Boschetto

Autore: Mario Quattrucci
Pubblicato nel 2015
Pagine 432
ISBN 9788867404735

 

Archivio

 

 

Il Libro

Disponibile anche in ebook

“Ho poco tempo libero, ma il tuo libro merita di dedicargli la parte più preziosa.”
Predrag Matvejevi?

“Con i miei familiari porteremo i tuoi libri in vacanza. Sono bellissimi, quietamente avvincenti.”
Franco Ferrarotti

Una serie di brutti fattacci sconvolge il Rione Monti di Roma: il più antico e popolare dei rioni dell’Urbe, ora elegante vivace quartiere a la page della Capitale postmoderna. Anche Peppe Dell’Arco, un artista di fama che è altresì un majorèngo del Rione, viene ucciso nella sua bottega-galleria di Via del Boschetto. L’intera popolazione ne è commossa e le feste di Natale e Capodanno dei bravi monticiani ne vengono turbate. Sono loro a chiamare il vecchio Marè, amico d’infanzia dell’artista assassinato, perché affianchi o piuttosto sostituisca la stanca e inconcludente indagine ufficiale del Magistrato e della Questura. Assistito dalla nipote giornalista Flavia Pasti e dal privato Marq Antoni, si calerà in una full immersion, che per lui è anche un ritorno in luoghi speciali della memoria, fra la gente antica e nuova di Madonna dei Monti. Narrato in una lingua colta e popolare, pura e meticcia, antica e vivissima, in una lingua che non occulta la realtà e le sue spaventose contraddizioni ma cerca invece di rendere possibile percepire la sostanza del mondo, questo romazo popolare – nono col commissario Marè – si presenta apertamente come una favola congetturale, o se si preferisce un groppo di favole realiste, che commuovono e appassionano, aprono alla conoscenza e divertono fino al pianto e al riso.

Random page (147)

Rimase un tantinello imbambolato, poi scattò in piedi e accennò addirittura un baciamano.
Uscii dalla Bottega del Caffè (ma quante botteghe a sto rione…) con un ghigno beffardo sulle labbra. Ma che dici? Quale ghigno beffardo? Be’, tanto pe fa scena sulla carta.
Tornai al giornale e buttai giù due pezzi per l’edizione del giorno successivo: uno, come si dice, di colore: sull’ambiente, il rione, le opinioni più vere (anche se le più ostili e malignasse le riassunsi molto e dell’ipotesi mafia non parlai), pensieri e dispiaceri della gente, dolore e indifferenza, aspettative di giustizia e menefrego…; l’altro, firmato, sull’uomo l’artista e la sua storia. E questo fece effetto.
Fu molto letto, piacque, ricevetti una cifra de squilli d’eimellate e smessaggiate … come si dice adesso.
La verità è che alquanto stranamente Porta a Porta rimaneva zitta, e gli altri giornali, per non parlare dei Tg, seguivano il caso nella solita maniera un po’ banale, e senza cuore: voci superficiali e gossip da strapazzo, nessun reale approfondimento… e nessuna capacità di comprendere il valore dell’artista e dell’uomo che uno sgazzerato d’assassino aveva spento. Né capacità di comprendere non solo il valore ma il senso di quanto quell’uomo e i suoi amici avevano compiuto nell’arco di una vita. E a tutt’oggi stavano compiendo.
Del resto, come sempre, il delitto Dell’Arco passò presto in nera, con titoli e spazi sempre più ristretti… In attesa, s’intende, che qualche rivelazione clamorosa, meglio se piccante, risvegliasse attenzione e tirature.
La sera, come stabilito, riferii a Marè e gli lessi i due pezzi: – Bene – commentò. Ma lo sentii stanco.