Una città splendida e impenetrabile, metafora di un sud in bilico tra luce e ombra.
Un ragazzino, Toni, cresciuto per i vicoli del centro storico, smarrito in un’infanzia di abbandoni e pericoli. Ma per le strade di Balarm, intrappolata nel mito di un Imperatore scomparso da secoli, Toni scopre dei varchi che gli permettono di rifugiarsi altrove, dentro frammenti di una storia in cui “Balarm si sarebbe mostrata tosi come la si voleva, o come ne avesse avuto voglia lei, che era menefreghista e lunatica.”
E di Balarm, Toni riesce a sentire la voce. È la voce di tutti e di nessuno, di immigrati clandestini, poeti e negozianti, disoccupati e ragazzi di strada. Sono i racconti della anziana zia Nina, i deliri dell’alcolizzato Sebastiano, i sogni del rifugiato Claude, le utopie del Professore che tenta di riscattare un quartiere disastrato dove si lotta per l’acqua corrente e l’assegnazione degli alloggi popolari. Mentre vivere si fa sempre più difficile e il Presidente e il Sindaco si contendono il governo della città, Toni cerca di cavarsela rivendendo oggetti vecchi e portando con sé le storie di chi glieli regala, destinate a incontrarsi tutte per un’ultima volta.
Rassegna stampa
“Una città divisa tra meraviglia e lutto, e raccontata tra cronaca e visione.”
Giampiero Cinque – Giornale di Sicilia
“Dalla morte di Federico II una voce ripete senza tregua la sua «litania di interrogativi balordi» per le vie della città chiamata Balarm: è una voce che, interrogando sui «misteri dell’aldilà e sui segreti del mondo visibile», ha attraversato secoli, per incarnarsi nei tanti personaggi che affollano quel misto di folklore, decadenza e voglia di riscatto proprio del luogo in cui Germana Fabiano ambienta Balarm. Voci di una città in ostaggio (Robin Edizioni, pp. 377, euro 15). Ad ascoltare il nugolo di storie magnetizzate dalla struttura corale del racconto è Toni, ragazzino biondo che vive nei vicoli, è tutt’uno con gli umori della strada, guida carovane di turisti, si fa sonore risate di fronte allo spettacolo «ridicolo» che il suo quartiere dell’Albergata gli allestisce con il volto polveroso, il marchio della povertà e un brulichio travolgente. Sotto i suoi occhi, solitario e pure malinconico scorre un minuscolo grande mondo. E basta allungare la mano per prenderlo, dal Palazzo Normanno al Teatro, dalla Cattedrale alla «Vucciria», dai depositi di carcasse di auto, «ammaccate come i giocattoli fuori uso di un gigante annoiato», ai palazzoni che nella luce lunare appaiono «fragili come fogli di carta». L’autrice fa agire le figure in un contesto splendido e orrifico che ha gli elementi indispensabili per rispecchiare i caratteri con naturalezza, senza ricorrere a strumenti artificiosi. E il rapporto stretto tra uomini e paesaggio non si altera neppure quando una dimensione visionaria distrae la realtà distendendola da un’acuta osservazione di problemi contemporanei a frammenti di cronache medievali. Apparentemente designati dal gusto romanzesco, i personaggi nascono da profonde ragioni e portano a galla impensabili segreti, bizzarrie, impronte del destino: Claude, ambulante africano che dispone la sua mercanzia secondo gli arabeschi di una fiaba inventata per ingannare l’attesa; zia Nina, nella sua casa zeppa di mobili antiquati; il ragazzino dai capelli rossi, che sembra la «vittima di un incantesimo»; il vecchio Mariano, con i vestiti di fustagno fuori moda; Lia, la bella madre di Toni, rapita dal desiderio di passare i giorni in silenzio; Sebastiano, un alcolizzato che abita in un palazzo secentesco e, soprattutto, il Professore, preso dal suo Progetto di risanare il territorio. Sono i portatori di vicende sparse, lasciate in sospeso e riprese a distanza, «come puntate di una soap opera», o fatte di immagini staccate, «come un blob televisivo di cui si afferra distrattamente qualche scena». Pioggia e vento, azzurrità di cieli e ore vuote, nel «cerchio stregato» di Balarm. Tutto può accadere: che una donna tiri fuori da impensabili posti gli appunti per centinaia di favole mai raccontate, e che turisti, ingannati dalla segnaletica circolare della casa di Cagliostro, spariscano nel nulla e che altri scattino fotografie senza immagini, entrando in una dimensione «parallela» nella quale il tempo e la logica non hanno più potere. Infine, il boato di una bomba che semina la morte non sveglia Federico nel suo sarcofago, ma «prende in ostaggio Balarm bella come l’arcobaleno».”
Giuseppe Amoroso – Gazzetta del Sud
“E la Balarm di Germana Fabiano, città dolorosamente riconoscibile nella realtà quotidiana, dosa illusioni e delusioni, magia e realtà.”
Antonella Scandone – la Repubblica
“Consiglio la lettura del romanzo d’esordio di Germana Fabiano Balarm, voci da una città in ostaggio – dice la scrittrice Valentina Gebbia – … Balarm è il crogiolo in cui collidono mille anime irrisolte, nel disperato tentativo di fondersi in cerca dell’ armonia che forse esisteva una volta, quando un Imperatore amava così tanto questi luoghi da prendersela con Dio per non averne fatto la Terra promessa.”
Valentina Gebbia – la Repubblica (Palermo)
“Nello splendore di ieri come nella decadenza di oggi, Balarm conserva la sua indifferenza sorniona, vive di quel’atavica indolenza che nella sua gente si fonde con l’energia e la vitalità.”
Fabio Vento – Balarm
“Nel libro, le storie di personaggi alle prese con la vischiosa sopportazione di questa città; irredimibile fino alla rassegnazione.”
Marco Pomar – L’approfondimento