Karol Wojtyla da giovane diede vita insieme ad altri studenti al teatro rapsodico, rappresentato clandestinamente nelle cantine della Polonia occupata. Durante una delle recite una Voce intervenne nel suo monologo e il monologo divenne un dialogo che lo mise in crisi. E la crisi si trasformò in fede profonda e incrollabile. Gli eventi storici lo portarono poi lontano dagli amici e dal teatro. Studiò molto ma, nonostante la cultura acquisita, il suo modo di esprimersi rimase ancorato all’esperienza fatta nel teatro rapsodico.
Un giorno quella Voce si espresse più forte che mai e gli disse: “Karol, ti ho scelto. Ora scegli tu il tuo nome.”
“Non ne sono degno, rispose Karol, io al massimo posso essere un cantore, un poeta, un rapsodo, ma…”
“Ecco tu sarai il mio Rapsodo”, rispose la Voce.
“Va bene, disse Karol,…, se mi sbaglio mi corrigerete.”
E così Giovanni Paolo II iniziò il suo viaggio incontrando milioni di persone, e tra quelle persone c’ero anch’io. Fin dalla prima volta che lo vidi pensai: “Ecco Karol, l’Artista di Dio”.
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