“Due appartamenti con tre o quattro stanze al Gratosoglio, nelle torri bianche. Uno ha una cucina che forse si può rianimare e ha anche dei mobili ma non ha letto. L’altro non ha nulla, spoglio completo. Sono nella stessa torre ma a piani diversi. Ma non mi ricordo com’è il resto del pianerottolo, devo tornare a controllare. Poi c’è un appartamento molto grande che ha una sala doppia e quattro o cinque camere, una cosa strana per una casa popolare, è al quartiere Sant’Ambrogio, ci sono armadi discreti e una cucina abbandonata che non credo si possa recuperare, ma tutto il resto del palazzo è abitato e mi sembra un po’ rischioso. Poi ho un piano rialzato al quartiere Feltre, è ottimo perché non si devono prendere scale e ascensore per uscire, in buone condizioni generali ma completamente vuoto. Credo che sia uno degli ultimi appartamenti rimasti all’istituto nel palazzo, per cui lì abbiamo intorno proprietari e non assegnatari.”
“Questo è un problema. Peccato” disse Sergio.
“Questo è un problema” riprese Mattia.
Milano, 2011. Centinaia, migliaia di appartamenti vuoti nelle case popolari. E una società immobiliare che li deve schedare. Per questo assolda studenti della facoltà di architettura. Sergio e Mattia hanno 22 anni, ancora tanti esami da dare e molto tempo libero. Ekaterina è a Milano solamente per un anno, viene da lontano e prima o poi ripartirà.
Ma tutte questa case vuote sono anche una possibilità di autonomia e libertà, un’idea da abitare. In poche parole, un progetto.
Case minime è una storia che ruota attorno ai monumenti involontari della Milano del Novecento: la Montagnetta di San Siro, il Gallaratese, il Gratosoglio. Monumenti della città e del tempo in cui siamo cresciuti.
Rassegna stampa
”… una storia bella nella Milano delle existenzminimum. Finalmente un libro utile all’architettura dove l’architettura (pur giocando un ruolo determinante) è oggetto e non soggetto dello scritto, dove i protagonisti sono uomini, i loro amori, i loro sentimenti, la vita.”
Diego Lama – Corrieredelmezzogiorno.it
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