“È un’altra vita, un altro mondo, desidero che il tempo si fermi affinché ieri sia come oggi e tutto sia senza domani”. Abluzioni nel cuore della spiritualità, luoghi scabri che sollecitano la meditazione, sontuosità architettonica, indigenza, questo e tanto altro la Cina nella prosa asciutta, netta, attenta alle sfumature esistenziali, dell’autore. Un diario di viaggio infiammato da bagliori poetici (“da lontano le finestre appaiono come candele circondate da un’aureola”) e da una
vivacità descrittiva volta alla trasparenza di gesti e sentimenti universali (“L’espressione sul viso di una donna che poggia i vasetti per terra, tradisce l’estraneità da quel luogo, come se la sua presenza lì fosse limitata al corpo, mentre con la mente desiderasse, probabilmente, trovarsi altrove”). L’autore ha sempre presente la sua anima occidentale (“ci annunciano una città vicinissima, che per l’immaginazione domiciliata in Europa è lontanissima”), costante il dialogo-dissidio interiore o la presa di coscienza malinconica, data dalla disfatta di miti giovanili (Mao Tse-tung) disciolti nell’acqua, declinati a effigie economica: “Il grande timoniere si è ridotto a pilotare un piccolo foglio di carta moneta galleggiante, attorniato da magnifici esemplari di tartaruga”.
Questo viaggio verso il Tibet è un periplo emozionale privilegiato nell’anima di Antonio, insieme agli amici-compagni Rita, Carla, Carmelo, Vincenzo e, soprattutto, in un invisibile passaggio di testimone affettivo, il passato e il presente dello stesso, suo padre e l’amata Carmen, riuniti nell’emozionante esergo.
Rassegna stampa
“Una narrazione distinta dalla cura per le descrizioni che, non di rado, divengono liriche. […] Un cammino culturale, intimo, meditativo, che, muovendosi in parallelo sul tratto indelebile dei ricordi, diviene duplice. «Chiudendo gli occhi ritorno bambino: il verde della stoffa si trasforma nel nostro terreno di famiglia a Zafferana, dove trascorrevo giornate spensierate; il rosso, invece, assume la forma della lava che scorreva, a volte, sul fianco del nostro vulcano e che guardavo incantato». Leggendo aleggia leggero il pensiero di Marcel Proust: «Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi».”
Grazia Calanna – La Sicilia