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Uno dei fenomeni più curiosi della lingua italiana è l’enantiosemia. Essa consiste nell’acquisizione di significati contrari tra loro da parte di una sola parola. Un esempio classico è ospite, che designa sia chi dà ospitalità che chi riceve ospitalità. Un altro esempio è tirare, che vale tanto gettare quanto portare a sé. I termini enantiosemici, pur costituendo una parte esigua dell’insieme lessicale, tuttavia non si riducono a una manciata e, per quanto possano apparire paradossali, hanno sempre una spiegazione glottologica.
Questo dizionario contiene un alto numero di vocaboli enantiosemici, circa 350, alcuni dei quali sono quotidiani, altri arcaici e tutti quanti sorprendenti per la loro bizzarra peculiarità. Al dizionario seguono due appendici. La prima tratta delle voces mediae, ossia di quelle parole neutre che nell’uso hanno assunto anche una pregnanza positiva o una negativa, come successo, che in origine aveva il significato generico di fatto conseguente ma che poi ha acquisito l’accezione particolare di buona riuscita. Il secondo apparato illustra il metodo lucus a non lucendo, che fu impiegato talvolta dai filologi latini per spiegare antifrasticamente l’etimologia di alcune parole, come appunto lucus (bosco), che deriverebbe da lux (luce) perché il bosco non è luminoso.