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copertina

Formato tessera

Autore: Giampaolo Beligni
Pubblicato nel 2014/2019
Pagine 338
ISBN 978-88-6740-366-0

 

Archivio

 

 

Il Libro

“Indietreggiammo, lentamente, quasi in punta di piedi, impacciati per quell’irruzione armi in pugno, sperando ardentemente che nessuno si fosse accorto della nostra presenza. Non si trattava di vergogna, ma di un incomprensibile senso di colpa frammisto a sollievo nel vedere quei morti, mentre noi eravamo ancora vivi e vegeti.”

Per la prima volta il fenomeno della lotta armata in Italia viene raccontato da un’insolita prospettiva: le esperienze di un giovane agente di polizia in forza ai Servizi di Sicurezza e in seguito alla Digos nella seconda metà degli anni ’70.
Vengono narrate le più importanti operazioni cui il protagonista prese parte nonché gli strumenti operativi e investigativi allora a disposizione dello Stato nella lotta al terrorismo. Il suo sguardo disincantato si posa su episodi tragici che hanno segnato la storia recente del nostro paese mentre emerge un’immagine inaspettata dei poliziotti, che si voleva tutti “fascisti”, come ragazzi semplici diventati adulti troppo in fretta.
Sullo sfondo di una Milano vivace e moderna, con la musica degli anni ’70 come colonna sonora, nel corso di drammatici eventi il protagonista matura la consapevolezza di una scelta pericolosa, compiuta a 18 anni, con le belle speranze e l’illusione di essersi messo al servizio della società.
Sfuggito a un attentato, il giovane agente viene trasferito in Sicilia dove ha inizio, tramite l’incontro con la realtà mafiosa, una nuova esperienza di vita. Il successivo trasferimento a Genova e il venire a conoscenza di una sconvolgente verità legata al suo passato, contribuisce a far sprofondare il protagonista in un baratro dal quale risalirà, trasformato, verso una nuova identità personale e professionale.

 

Rassegna stampa

“L’ambiente della questura milanese, gli incontri e gli scontri con colleghi e superiori prima ancora che con la piazza, sono forse il dato più originale dello scritto: una “inner story” che spiega bene le motivazioni degli uomini della polizia, in un periodo in cui il solo portare la divisa poteva essere ragione per diventare oggetto di violenza indiscriminata.”
Andrea Rossi – Orientamenti storici
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“…se cercate un’agiografia di chi sconfisse Brigate Rosse e Prima Linea, allora siete fuori strada. Beligni, classe 1957, è stato in polizia dal 1975 al 1985. Dieci anni intensissimi nelle fila dell’antiterrorismo e della Digos soprattutto a Milano. E nel suo libro racconta la verità. Quella della dura vita degli sbirri certo, ma anche i loro errori, le debolezze del sistema e degli uomini, e ancora il confronto con la morte e quello forse ancora più difficile con il tradimento. Perché – ed è un retroscena inedito e scottante – fu proprio un poliziotto a indicare una serie di nomi e indirizzi di colleghi ai terroristi.”
Marco Preve – la Repubblica
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“Su quegli anni che furono di piombo, tra libri e giornali l’inchiostro continua a colare per afferrare, nel ricordo e nella riflessione, il senso di un’epoca, vicina, dolorosa, ambigua, di certo irriproducibile nella sua densità di fatti e di atmosfere. Questa volta l’esercizio della memoria è una storia intima diventata pubblica trent’anni dopo con un racconto che pare un romanzo tanto può risultare incredibile. Un uomo, una generazione. Un poliziotto genovese che giovanissimo, per sua scelta, si ritrova al fronte con lo Stato attaccato al cuore e stordito. Da via Terpi, Montesignano, alla Milano che non era ancora da bere ma una metropoli in tempesta con la piazza che ribolle eccitata, le br che sparano (una sera
anche contro di lui), dove la rivoluzione è una barricata di copertoni incendiati e una società che crede di cambiare, tumultuosamente, al ritmo delle molotov e delle contraddizioni. Il poliziotto è Giampaolo Beligni, classe 1957. Il suo libro si intitola Formato tessera, chi erano, come vivevano e come morivano gli uomini che hanno combattuto il terrorismo in Italia (Robin Edizione). Appena pubblicato, 336 pagine da leggere tutte d’un fiato. […]”
Andrea Ferro – Gazzetta del lunedì