“Sono ancora io. A raccontare l’età che gli psicologi definiscono ‘di latenza’.
Col cavolo. A dieci anni non sentivo in me nessuna latenza.
C’erano sentimenti forti e necessità urgenti in me.
E non c’erano sponde che riuscissero a frenare, arginare, differire ciò di cui avevo bisogno.
Di cosa avevo bisogno? […]
– Amore, banalmente.
– Rispetto, ovvio.
– Riconoscimento, figuriamoci.
Ma, soprattutto… ESPERIENZE FORTI!”
Geltrude scopre di essere figlia di più madri: la madre ovulo, la madre provetta per il concepimento, la madre gestante surrogata. Poi c’è la donna che afferma di essere la madre naturale, che però sono due: quella alla luce del giorno, affascinante e splendida in società, e quella narcisista e violenta con sua figlia.
E poi c’è Fosco. Un ispettore curioso che condurrà l’inchiesta sulla morte della ragazzina e sulle responsabilità di colei che professa di essere sua madre. Ne verrà fuori una strana indagine che avrà altrettanto strani risvolti.
Geltrude ci parla della sua storia da uno speciale aldilà e ci chiede di avere pazienza prima di scoprire tutte le carte del suo racconto. Di come sia realmente andata. E di chiarire il mistero su chi sia veramente sua madre, e su se stessa.