«Il ragazzo, dopo aver visto sfilare il treno davanti ai suoi occhi, anziché tornare a casa andò alla stazione marittima e aspettò fino a quando l’ultimo vagone non fu inghiottito dal traghetto e il portellone non si chiuse. Solo allora, percependo la sensazione che non avrebbe visto mai più il padre, si avviò malinconicamente a casa.»
Racconti brevi, da leggere tutti d’un fiato e che gettano uno sguardo su un territorio più volte considerato e descritto con luoghi comuni, incapaci di fare emergere l’anima e il carattere del Siciliano: non alta aristocrazia, non gattopardi, non mafia, non miseria e soprusi. Piuttosto, invece, personaggi modesti, ma nella vita eroi che sudano e s’affaticano per mantenere o conquistare piccole cose che garantiscano la quotidianità. Eroi non dei magri raccolti dei campi né di secche reti di pescatori, eroi di città privi di ambizioni e travolti dagli ingranaggi del consumismo. Il loro è un mondo fatto solo di desideri che si scontrano con dolorose sconfitte, dove a perdere non è il singolo ma la rete degli affetti intessuti dall’obbligo del sangue e della carne.
Le loro storie offuscano il paesaggio urbano, accennato nelle sue linee principali e quasi sempre subordinato alla forza narrativa della lotta contraddittoria dei sentimenti: il bene e il male non si distinguono più ed entrambi sono incanalati nella direzione di salvare, o nel tentativo di salvare, il poco conquistato col sacrificio.
Un mondo fatto di rinunce, dove la preghiera e la fede sono imperscrutabili ed escludono partecipazione e coinvolgimento rassicuranti, ma anche il ricorso alla pietà divina. Solo la forza delle braccia e la tenacia della lotta si pongono contro le avversità del destino, a cui i nostri eroi, ormai inaspriti dalla vita, non sanno tuttavia piegare la testa.
E se la Parola di Dio sparisce a volte dalle loro azioni e dai loro pensieri, essa ricompare limpida nella loro umanità e nel vissuto del proprio dolore.