Abbandonare la Dalmacija, terra di mare trasparente, di vegetazione fitta e di profumi, di pietra bianca, di calli e di piazzette, di leoni di San Marco e di ciacole e vivere da profughi. Passare attraverso la Seconda Guerra Mondiale, la Liberazione, la prigionia, la deportazione in Germania. Ritrovarsi quasi per caso a vivere tutti insieme in una situazione che doveva essere temporanea e che invece durò una quindicina d’anni, nella Torino degli anni ’50 e ’60. Allora la città era grigia, freddissima ma anche luccicante quando pioveva e magica quando nevicava, piena di tram, di pedoni e di biciclette, di botteghe e di mercatini e stava rinascendo con l’impegno e lo sforzo dei suoi abitanti e degli immigrati che arrivavano da tutta Italia.