“Ho trovato che Orazio, in quanto a sapore, assomigliava moltissimo ad Aristotele, mentre, come lei non ignora, a me piace variare. Terenzio, per esempio, non avrei saputo distinguerlo da Menandro. Nasone, con mio grande stupore, era Nicandro travestito. Virgilio puzzava lontano un miglio di Teocrito. Marziale mi faceva venire in mente Archiloco… e in quanto a Tito Livio era tale e quale Polibio.”
Celebre per le sue storie poliziesche e dell’orrore, Poe si cimentò tuttavia in racconti umoristici e satirici con eccellenti risultati, rivelandosi un precurose anche in questo campo.
In questi sei racconti lo scrittore americano si fa beffe, a turno, della vanità dei suoi contemporanei aristocratici, della credulità dei lettori di riviste, nonché dei loro direttori, con i quali dovette fare a lungo i conti nelle sue esperienze come giornalista. Non scampano alla lama tagliente della sua vis comica nemmeno i filosofi da strapazzo, l’“europea” New York e coloro che la colonizzarono, trasfigurati dalla sua penna in bizzarri personaggi.
Una funambolica rivisitazione delle “Mille e una notte”, che fornisce a Sheherezade un nuovo destino, è infine la dimostrazione di come Poe, dal carattere spesso cupo e malinconico, non si facesse mancare momenti di divertita evasione.
Rassegna stampa
“Edgar Allan Poe aveva anche una vena umoristica e surreale, che affiora nei racconti Il diavolo schizzinoso. Poe si fa beffe di tutti, proprio mentre Baltimora celebra (ieri, dopo 160 anni) quei funerali solenni che non gli riconobbe il giorno della morte.”
Il Corriere della Sera