Nell’autunno del 1753, al teatro Sant’Angelo di Venezia, la compagnia Medebach rappresenta La Schiava cinese, la prima commedia esotica dell’abate Chiari. La nuova pièce, ben riuscito tentativo di emulare il successo del rivale Goldoni, che all’inizio della stagione aveva fatto rappresentare La sposa persiana al teatro di S.Luca, è anche l’inizio di una nuova fase della drammaturgia chiariana.
La vocazione romanzesca, temperata di didattica illuministica, che si è appena affermata con la pubblicazione della Filosofessa italiana, si incontra con l’esotismo avventuroso e spettacolare, individuando finalmente la possibilità di un percorso teatrale autonomo, che il Chiari, parallelamente agli altri generi già collaudati, continua a sviluppare per un ventennio.
Individuare e studiare il teatro esotico del Chiari, autore che più di ogni altro ha coltivato con sistematicità e successo questo genere, e quindi trovare le ragioni della sua riconoscibilità, specificità e consenso, è quanto si prefigge il presente saggio, con la fondata speranza, suggerita dal Gautier, di far ritrovare un piacere perduto.