Uno Shakespeare ventenne, che nell’estate del 1584 salpa dal porto di Dover alla volta dei Paesi Bassi, terra tumultuosa e contesa tra olandesi e spagnoli, sconvolta dal recente assassinio di Guglielmo il Taciturno. Rotterdam, Leida, Amsterdam, la Frisia e poi la Germania fino ad Amburgo, la Danimarca, Copenaghen, sono le città e i paesaggi che fanno da sfondo all’umanità varia che il giovane incrocia lungo il suo cammino: spie spagnole e patrioti olandesi, mercanti ebrei e predicatori riformisti, raffinati intellettuali e sanguinari uomini d’arme, giovani vergini suicide e smaliziate prime donne di compagnie teatrali.
Un lungo viaggio iniziatico, nel corso del quale il giovane poeta incontra praticamente tutto quello che riverserà nella sua opera, ben sapendo che “le propensioni di un carattere si deducono tutte da un certo numero di sentimenti, così come con poche cifre è possibile scrivere tutti i numeri”.
Un romanzo picaresco, la più esuberante delle opere di Léon Daudet, in cui la qualità dello stile e il talento visionario s’intrecciano al ricordo dello Shakespeare di Victor Hugo e all’intuizione della critica moderna.
Rassegna stampa
“[…] Dei suoi 200 titoli, i più incantevoli sono le memorie, […] ma tra i romanzi, il più affascinante è Il viaggio di Shakespeare, del 1894. Partito da Stratford-upon-Avon a vent’anni, nel 1548, per istruirsi sugli uomini, William salpa da Dover e raggiunge, attraverso i Paesi Bassi, Copenaghen. Incontra marinai dal “ventre come un duomo”, fanciulle vergini su cui esasperare una casta lussuria, spie, patrioti, uomini d’armi gesuiti e riformati; assiste a torture e roghi, e riceve lezioni di recitazione.
E siccome è Shakespeare, moltiplica le mirabili disavventure continuamente fantasticando […] Questo ingegnoso congegno centuplica lo smalto dello stile, che nei dialoghi ricalca l’inventività barocca delle commedie shakespeariane, nel racconto fila veloce ed efferato, e vira al rocambolesco nelle fantasticherie. […]
Daria Galateria – la Repubblica (Almanacco dei libri)
“Il viaggio di Shakespeare di Lèon Daudet è il romanzo più rappresentativo della personalità dello scrittore. Il libro uscì in Francia nel 1895, quando l’autore aveva solo 27 anni. Questo Shakespeare è un omaggio di Daudet al grande drammaturgo inglese, di cui aveva letto e amato gran parte delle sue opere.”
Rai.it – Che tempo che fa
“Non sappiamo quando Shakespeare arrivò a Londra. Al pari di uno spettro anche nella sua storia personale, scompare del tutto dal 1585 al 1592 (i cosiddetti “anni perduti”), proprio nel periodo in cui saremmo più curiosi di sapere dove andò e cosa fece, quando lasciò Stratford, la moglie e i tre figli, e si affermò come attore e drammaturgo a teatro.
Questo vuoto è colmato da “Il viaggio di Shakespeare” nella pregiata collana “Biblioteca del Tempo” della Robin edizioni (384 pagine, 18 euro). È la riproposta di un’opera uscita per la prima volta nel 1895, in Francia. L’autore è il polemista Léon Daudet, figlio del romanziere Alphonse e grande amico di Marcel Proust, che gli dedicò I Guermantes. Lo Shakespeare ventenne che è il protagonista del viaggio, nell’estate del 1584 si sarebbe imbarcato dal porto di Dover alla volta dei Paesi Bassi, terra allora contesa tra olandesi e spagnoli, sconvolta dal recente assassinio di Guglielmo il Taciturno. Rotterdam, Leida, Amsterdam, la Frisia e poi la Germania fino ad Amburgo, la Danimarca, Copenaghen, sono le città e i paesaggi che fanno da sfondo all’umanità varia che il giovane incontra lungo il suo cammino. È soprattutto la fantasia del poeta a trarre giovamento dal viaggio. In più occasioni, il futuro Bardo di Stratford si trova a esclamare: «Dopo quel che ho visto, avrò di che nutrire le mie visioni!». A ogni tappa, c’è un incontro significativo che si ritroverà nelle sue oepre: la figlia di un oste olandese suicida per amore, un giovane contadino danese pieno d’odio per il patrigno, daranno così origine a Ofelia e ad Amleto. Incontrerà anche gli attori di “Sogno di una notte di mezza estate”, la farsa “Così fan tutte” e i pretoriani di “Cesare”.
Alla fine, il giovane poeta avrà incontrato praticamente tutto quello che riverserà nella sua opera, ben sapendo che «le propensioni di un carattere si deducono tutte da un certo numero di sentimenti, così come con poche cifre è possibile scrivere tutti i numeri».”
Roberto Arduini – La Compagnia del Libro