Un sicario dal passato travagliato e dal presente pieno di dubbi. Werner è un professionista che cerca una giustificazione per uccidere o un motivo per smettere. Non ha un telefono, una mail, un documento. Non ha identità e questo gli permette di sopravvivere, ma lo condanna alla solitudine.
Dal suo incontro con Salvatore, un operaio, uomo mite che, contro la sua natura, sente il bisogno di vendicare un delitto atroce, scaturisce una terribile serie di omicidi.
Sullo sfondo una Torino che attende l’Evento Olimpico, piena di cantieri e crateri, in cui si muove un’umanità disorientata, in cerca di riscatto.
Un noir, spietato e commovente, che racconta la solitudine e gli incontri che cambiano la vita.
A cura di Francesca Santarelli
Menzione speciale alla seconda edizione del “Premio Perelà”, concorso letterario realizzato con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e riservato ai testi narrativi editi in lingua italiana
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Interviste
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Rassegna stampa
“Come si fa a non provare simpatia per Werner Hartenstein, il sicario che si incontra, mezzo addormentato su un treno interregionale, alla prima pagina di In perfetto orario, romanzo di Luca Rinarelli appena uscito in libreria?”
Edoardo Borra – Gazzetta d’Alba
“Luca Rinarelli vive a Torino. Lavora con un’associazione che si occupa di persone senza fissa dimora. “In Perfetto Orario” (Robin, 2009) è il suo primo romanzo. Torino è una città che permette molti approcci diversi. E’ ben noto quello dell’immigrato meridionale, delineato dalla sociologia sotto l’etichetta ‘questione meridionale’. E’ arrivato dalla Calabria o dalla Puglia, con la valigia di cartone, negli anni del boom economico, raccontato in tanti film e libri che hanno fatto la storia della cultura italiana.
È la Torino di quello stesso immigrato che – tornato a casa – chiama i piemontesi “savoia”, memore di un’occupazione di molti anni precedente, e per molti tutt’ora in corso. Torino è la città della FIAT, e dell’immenso indotto, dove ogni famiglia, in un modo o nell’altro necessita del colosso dell’auto. Torino è oggi una città nodo dell’immigrazione clandestina, dove arrivano i TIR dal nord Europa, via Monte Bianco, e quelli del mediterraneo via Genova.
Torino è anche una città magica, memore di tante narrazioni che circondano la sua storia più antica. Torino è anche una delle capitali d’Italia, forse quella più simbolica, quella da cui è partito il moto – sia politico che ideale – che ha portato alla creazione dello stato italiano. In questo senso è anche la città che, più di tante altre, ha nel DNA la spinta simbolica necessaria per costruire una nuova fondazione, una nuova unità. Luca Rinarelli oggi ci racconta di una Torino che non ha nulla da invidiare alla Marsiglia di Izzo, o alla Parigi di Maigret, ed in generale alle città diventate simbolo di particolari comportamenti o modus operandi della malavita. “In perfetto orario “ si svolge quasi integralmente a Torino, a parte un intervallo genovese ed uno sul lago d’Orta, e parla di una città completamente in ristrutturazione per l’organizzazione dei giochi olimpici invernali. In realtà questa condizione assume per Torino un senso di eternità, come se il tentativo di riorganizzare la società multiculturale sulle rovine della modernità frantumata (sia socialmente che architettonicamente), fosse il veicolo attraverso cui ricercare un senso all’operazione della ricostruzione architettonica.
Irina, Werner, Giulia, Alexeij, Salvatore, Andrea, Gian, sono tutti i personaggi di questo sottobosco di inventori, dove ognuno cerca di recuperare sufficiente talento per riuscire a sopravvivere più o meno adeguatamente nel suo ruolo. In realtà alcuni non arriveranno alla fine del libro, dimostrando di non essere all’altezza del livello dello scontro sociale, ed altri pagheranno salato il conto del ristorante. Certo chi – almeno in apparenza – ottiene risultati migliori è Werner, il killer, ma il suo stile di vita, certo il meglio pagato ed il più specializzato, in nessun momento del racconto assume un ruolo eticamente più preciso o politicamente più definito, rispetto agli altri personaggi del romanzo.
Rinarelli in nessun momento approva, ne condanna, il lavoro che si è scelto. Werner non ha fatto altro che sfruttare un’opportunità offerta dal mercato, una nicchia ecologica in cui crescere. Werner però rimane, fin dall’inizio, un disperato come gli altri, che riesce a nascondere dietro ad una migliore condizione economica la fragilità della sua condizione. Difatti il suo precario equilibrio interiore esplode passo dopo passo durante lo svolgersi degli eventi, pressato dai suoi sentimenti e dall’educazione rigorosa da ex soldato della DDR. Attraverso questi personaggi, che sono molto ben delineati dall’ottima scrittura dell’autore, Rinarelli ci racconta comunque una storia estremamente delicata, dove le percezioni e le emozioni dei soggetti sono al centro della narrazione, e mai si muta in una storia pulp, mentre invece è il giallo di formazione più legato ad una scuola di stampo europeo, senza però mai essere didascalici, il modello di riferimento a cui si ispira.
È importante sottolineare l’assenza di un messaggio ideologico perché è evidentemente un valore importante per l’autore: persino i poliziotti, sono – nonostante tutto – comprensibili. Per concludere, un esordio assolutamente all’altezza per Luca Rinarelli, che attendiamo alla prova del secondo romanzo.”
Il Recensore.com
“Premette il grilletto. Senza alcun rumore. In perfetto orario.” (1)
Torino, novembre 2005. Un treno in arrivo da Milano centrale raggiunge la stazione di Porta Nuova; sono le due e ventotto della notte, e in giro non c’è quasi nessuno. Un uomo sulla quarantina scende senza fretta da uno scompartimento semivuoto; indossa un pesante parka blu e porta in spalla zaino e sacco a pelo. Esce dalla stazione guardandosi intorno incuriosito –sono alcuni giorni che manca da Torino, e non si aspettava di trovare tanti cantieri aperti- e si allontana senza fretta lungo corso Vittorio. È in perfetto orario. Pochi isolati dopo, svolta e si infila in una mansarda sfitta di Via Galliari, quartiere San Salvario. Srotola a terra il sacco a pelo, si stende e aspetta. Un movimento dietro le tende rosse dell’appartamento dal lato opposto della strada lo avvisa che è ora di agire. L’uomo, Werner Hartenstein, ex agente segreto della DDR e killer freelance, estrae dallo zaino i pezzi di un fucile di precisione e li monta senza fatica, controlla il bersaglio grazie al mirino telescopico, e tira il grilletto. In perfetto orario.
Dentro l’appartamento con le tende rosse, la bella Irina, professione prostituta, scopre, terrorizzata, la morte del suo cliente…
Potrebbe finire tutto qui, con l’uccisione pulita e silenziosa di un dirigente d’azienda, ma ci sono azioni, gesti ripetuti anche mille volte, che d’improvviso, pur se eseguiti in maniera precisa, rigorosa, “in perfetto orario”, scatenano lunghe reazioni a catena; così, mentre il cadavere di Carlo Mariani, un tipo anonimo, un qualunque uomo di mezza età, resta inosservato nell’appartamento di via Galliari, la deriva morale di una serie di personaggi –un’incerta studentessa del DAMS, un killer solo apparentemente senza cuore e il suo “sensibile” mandante, una prostituta che scopre il fascino della “vita tranquilla”, un clochard vendicatore e un timido autista di pullman-, diventa deriva geografica (o “psicogeografica” in senso situazionista e debordiano), dando vita ad una serie di inseguimenti e fughe, incontri e scontri, sullo sfondo di una città piena di cicatrici: i cantieri aperti in vista delle prossime olimpiadi invernali, segni di un “lifting” che, come di consueto, non ha investito le zone periferiche (o, quando lo ha fatto, ha ottenuto effetti semplicemente disastrosi)…
In perfetto orario, esordio letterario del trentaquattrenne Luca Rinarelli è un romanzo limpido, ritmato, stilisticamente misurato, attraversato da una piacevole qualità fotografica(2) che lascia spazio, nelle scene d’azione, a una tecnica chiaramente cinematografica; un’opera che coniuga buona scrittura, perfetta conoscenza dei luoghi(3), intreccio e personaggi credibili, con una palpabile e apprezzabile tensione sociale priva di moventi estetici (4) e distante da ogni facile soluzione politica.
(1) Luca Rinarelli, In perfetto orario, Robin, Roma 2009, p.14
(2) L’esperienza fotografica dell’autore diventa palese nel gusto per la composizione del quadro e per il particolare cromatico (tende rosse, K-way giallo limone, statua illuminata di giallo rosso e verde, parka blu scuro, pareti grigio-beige ecc. ecc.), e nella precisione delle descrizioni ambientali.
(3) Se i lavori fotografici raccolti nel percorso La sconfitta dell’uomo meccanico – scatti dall’ex capitale industriale (2003) mostravano la profonda conoscenza del capoluogo piemontese (osservato anche e soprattutto nelle sue zone periferiche e in decadimento) da parte di Luca Rinarelli, nel romanzo In perfetto orario, l’osservazione puramente esteriore dei luoghi (sia pure quelli meno noti e più inaccessibili) cede spesso il posto ad un’esperienza da “abitanti” (emerge, tanto per fare un esempio, nello sguardo scettico gettato dai personaggi sui cantieri aperti in corso Vittorio); così, Torino, lungi dall’essere sfondo inerte per le avventure di personaggi provenienti da chissà dove, diventa elemento essenziale, influenzando (a volte anche in maniera profonda, come nel caso dell’ultimo incontro tra Irina e Werner, o tra Giulia e Andrea) lo svolgimento della trama.
(4) Non c’è traccia, tra le righe di In Perfetto orario, del “poverismo” beat o della fascinazione noir-beat (penso ad autori quali David Goodis e Stanley Ellin, ma in fondo anche del Woolrich di L’angelo nero) per i bassifondi e i loro abitanti; piuttosto una conoscenza diretta e profondamente empatica della realtà locale: da anni, infatti, l’autore fa parte di un’associazione che si occupa di persone senza fissa dimora.
Nonsolonoir
“Warner è un sicario. Un sicario fuori dal comune, però. È bravo nel suo lavoro, efficiente, ma cerca sempre una giustificazione al suo operato. È lucido e organizzato, non lascia mai niente a metà, ma è solo e pieno di dubbi.
Quando incontra Salvatore, per lui, è un cliente come un altro ed esegue meccanicamente gli omicidi che gli vengono commissionati.
Commette, però, qualche piccolo errore, tra cui quello di innamorarsi.
Questa è in poche righe la trama di In perfetto orario, romanzo d’esordio di Luca Rinarelli, edito dalla Robin nella collana “I luoghi del delitto”.
Un romanzo breve e agile, che contiente tutti gli elementi di un noir: un cattivo che non è un vero cattivo, alcuni omicidi di cui si sa il colpevole e su cui non indaga nessuno (o quasi), la discesa tra i tormenti dell’animo del protagonista.
Quello che da una parte si può inserire con una certa facilità in questo genere e che forse non brilla nella trama per particolare originalità, è, dall’altra, un romanzo furbo e intelligente, in cui l’autore rivede certe “convenzioni” e spiazza il lettore con qualche trovata fuori dagli schemi. Rinarelli è, infatti, abile nell’interrompere e rivedere lo schema narrativo, andando a innestare sulla trama principale finestre e personaggi del tutto inattesi, con un tempismo perfetto. Se da una parte questo “irrita” il lettore, che si vede privato momentaneamente di ciò che vorrebbe sapere, dall’altra lo “fidelizza”, proprio perchè stimolato ad andare fino in fondo.
Questa è la vera forza del romanzo, che arriva “in perfetto orario” a quello che deve essere lo scopo di un esordiente: raggiungere il pubblico con onestà e trasparenza, consapevole dei propri limiti, ma anche forte di un lavoro che ha una chiave di lettura molto personale.
Chiara Bertazzoni – Thriller Magazine
“Un esordio brillante. Col tempo la scrittura acquisterà uno spessore ancora maggiore, ma questo è già un romanzo che rimane negli occhi e nelle riflessioni del lettore, specie quanto a un personaggio, Giovanni detto Gian, quasi il protagonista di un racconto autonomo all’interno del romanzo e che pare uscito dall’esperienza dell’autore come volontario in un associazione che si occupa di persone senza fissa dimora.”
Gabriele Zauli – Milano Nera
In perfetto orario è un romanzo (scritto da Luca Rinarelli) denso di emozioni, di sentimenti, anche cupi e momenti densi, di sensazini palapabili, i personaggi di questo libro, sono ‘border-line’, al limite della società, pieni di dubbi, perplessità, alla ricerca di motivazioni atte a spiegare delle loro scelte, poco sociali, immersi in uno sfondo cittadino, quello torinese, in corsa verso il tempo, con cantieri aperti volti alla costruzione di una nuova facciata da ‘campioni olimpici’ e tesa a soddisfare interessi legati alle imminenti Olimpiadi, così lontani dalla realtà a volte disarmante e semplice del quotidiano.
Uno scenario ‘noir’ per raccontare le tante sfumature della solitudine, il disorientamento, il senso di inadeguatezza, la mancanza a volte salvifica di un’identità che però al contempo isola terribilmente dal resto del mondo e dalla ‘normale’ vita di tutti i giorni.”
Alessandra Mallarino – Periodico Italiano
“Noir di esordio di uno scrittore torinese, Luca Rinarelli, e credetemi se vi dico che ne sentirete parlare di questo ragazzo. Innanzitutto leggendo il suo libro non ti viene voglia di saltare neanche una pagina, come spesso capita per troppe descrizioni o noiose divagazioni, ma anzi vai di filato fino in fondo all’ultima pagina non perché non sai chi è l’assassino, è evidente fin dalle prime pagine, ma perché la scrittura è essenziale, coinvolgente e scandita da un buon ritmo narrativo.”
Liberi Di Scrivere
”[…] anzitutto è opportuno dire che il romanzo è bello. Un esordio promettente, capace, degno di nota davvero. Lo stile di Rinarelli è piano, facile, e tuttavia sperimentale. Ogni personaggio prende forma attraverso uno specifico ed esclusivo linguaggio che l’autore gli riserva. Tutto molto vissuto e plausibile e vero e, se ci è concesso, neorealista. Con poche frasi, si penetra nella mente del personaggio e se ne intravede la storia arcaica, primitiva, antecedente alla messa in scena. Le parole creano rughe sui volti di chi vive nella storia.
Ma quel che senza dubbio occorre mettere in rilievo di questo noir è la presenza massiccia d’una riflessione sociale. Una riflessione sull’ingiustizia, s’intende, che però, sia ben chiaro, non è urlata a squarciagola né invade oltremodo lo spazio della narrazione, anzi: è evocata appena, tratteggiata sullo sfondo – perché è nello sfondo del mondo che si muore per un nonnulla, mica in primo piano. E però si respira sempre, l’ingiustizia, sin dall’inizio, quando appare il primo ‘fagotto grigio sporco, un sacco a pelo con all’interno un uomo’, accanto al lussuoso Turin Palace Hotel, mentre quattro nordafricani litigano ‘per una Moretti e due sigarette’. […]
Giovanni Schiavone – Nuova Società
Leggi l’intervista a Werner, il protagonista del romanzo, su Thriller Magazine”