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«Quindi non era solo la fame di ribalta o di ambizione la sua, era anche una vendetta, giunta senza studiarla, ma mano a mano che si compiva si evidenziava la volontà di desiderarla sempre più.»
In questo libro l’autore immagina che “la elle del cavallo” non sia solo una mossa del gioco degli scacchi, ma anche il modo di percorrere il cammino della vita come una persona con delle devianze etiche, immorale: ad esempio sbandando, o sbagliando. Nel caso di questo libro si tratta di una religiosa che vive nella più gretta ambiguità, nell’ipocrisia; o ancora nell’impudicizia. Il sentirsi attanagliata dalla sola “colpa” di essere figlia di un incesto avrebbe (secondo lei) marchiato il percorso di tutta la sua vita e, anziché farla avvicinare ancor di più al suo Sposo, quella macchia si è rivelata la scusa per la annosa vendetta nei confronti del padre. Pur essendo così pericolosamente vulnerabile, ha vissuto senza mai provare sentimenti come l’amore vero, senza mai sentirsi in pace con se stessa, leggendo nel suo così spregiudicato modo di fare, solo una fredda vendetta seguita quasi istintualmente, programmata già anni prima.