A cura di Marco Catucci
Il 17 febbraio 1916, Gabriele d’Annunzio scrive all’editore Guido Treves: «In questi giorni, nel primo turbamento della primavera, ho pensato con malinconia ai giorni che passano per me artista vanamente. Quando il tumulto dell’azione si placa, mi sorge da tutto lo spirito il bisogno di meditare, di creare, di scrivere un libro, di fare un’opera d’arte pura. M’è avvenuto di rileggere La Leda senza cigno, con una strana meraviglia. È una cosa bellissima; e v’è una novità di rappresentazioni e di espressioni, ignota a tutti i novatori di oggi acerbi e non acerbi. (Accidenti alla modestia!). Desidero publicarla, con una prefazione ‘attuale’ in cui discorro della guerra com’ella talvolta appare non a me combattente ma a me contemplativo. Prenderò le mosse da un divino ritorno ch’io feci in velivolo, dopo il tramonto, verso Venezia, il 16 gennaio… Sarà una prosa schietta e ardita, con un ritmo di ‘quasi una fantasia’.» Nella cieca immobilità della Casetta rossa, la prefazione ‘attuale’ della Leda senza cigno si trasforma nella lunga Licenza dedicata a Suzanne Boulenger (Chiaroviso), l’amica francese che è venuta a Venezia in visita al poeta convalescente.