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«[…] posò la mano sul battente del portone riccamente decorato, notando la figura rappresentata su di esso, una figura torva con corna e occhi feroci: il diavolo in persona!»
Settembre 1864. Il cardinale Giovanni Battista Ferrero, a capo della gendarmeria apostolica dello Stato della Chiesa, si trova a Torino per celebrare le nozze della nipote Eveline con Gabriele Pedrana di Nebbiuno.
La città è in fermento per l’accordo con Parigi che sancisce il disimpegno della Francia da Roma e soprattutto per la notizia che la capitale sarà trasferita a Firenze.
In questo clima arroventato il cardinal Ferrero si sta preparando a salutare i parenti e a fare ritorno a Roma quando, subito dopo aver celebrato la prima messa del mattino, una giovane donna entrata in chiesa per cercare aiuto gli muore tra le braccia dopo aver pronunciato due sole parole: “Mia cita”.
Il prelato, spinto dal fatto che la ragazza abbia cercato rifugio in un luogo sacro e soprattutto dal timore che ci sia una bambina rimasta sola, si sente in dovere di indagare, cercando in primo luogo di scoprire l’identità della giovane che a prima vista sembra una donna di malaffare.
Sarà un’indagine complessa che lo condurrà nei quartieri degradati della Torino dell’epoca e gli farà incontrare persone del suo passato torinese come don Giovanni Bosco e soprattutto Lucia, la donna che lui aveva abbandonato tanti anni prima per diventare sacerdote, in un crescendo dei tumulti che lo coinvolgeranno in prima persona.