“Il ricordo di Ribella non voleva darmi requie, sì che ero tentato di scacciarla con un colpo di mano. E digrignando i denti ripetevo fra me e me: Ma che fesso sono stato a darle retta, quando lei mi pregava di smettere, oh non spingere oltre, per amore del cielo. Avrei dovuto invece, già che c’ero, farle la festa. E chi se ne fregava, se anche lui l’avesse strangolata — come un siculo Otello.”
Il protagonista e narratore di questo sardonico romanzo, Saturno P. Nullo, è un funzionario parastatale corrotto (che mena allegro vanto delle oscure trame del potere, cui dà spregiudicata mano) e rotto a tutti i soprusi e gli inganni del seduttore da strapazzo.
Egli ha deciso di uccidersi in quanto scrittore fallito – con sei romanzi inediti nel cassetto – ma non prima di essersi vendicato, facendo “moglie per moglie” (parole di Iago) dell’alto esponente della “nobiltà nera” che sedusse la sua promessa sposa ed è “padre” del “suo” primogenito.
La boccaccesca vendetta viene espletata in modo assai improbabile ma dà, a sospresa, il suo trionfale frutto.
Nullo incappa in una deliziosa nemesi quando si innamora e conquista una giovane americana, esponente del classico cliscé dell’innocent abroad (l’innocente – alias ingenua – all’estero).
I suoi sinceri propositi di ravvedimento e onestà sono frustrati dal tradimento del suo migliore amico.
Disperato, Nullo sta per “farla finita dell’inutile sé” quando viene ghermito per i capelli dalla felicità domestica che, come per incanto, si materializza in un chiassoso e adeguatamente paradossale lieto fine, nel bel mezzo della “mortale” notte dell’ultimo dell’anno.