“Silvio appesantí la mano, e lei di rimando intonò un’eccitante serie di lamenti: «Ah, signor mio, no, per pietà, non cosí! Vi supplico, abbiate misericordia della vostra umile serva, non ce la faccio più…»
Commediante. Come se non l’avessero saputo tutti e due, che lei era capace di riceverne dieci volte tante senza lasciarsi sfuggire un lamento.”
Alla fine del ’500 la giovanissima Caterina è costretta dai genitori a sposare un uomo per cui non prova attrazione. Il gentiluomo, colto e intelligente, rivela però fin dalla prima notte di nozze un carattere dispotico e violento. Sembrerebbero le premesse per un matrimonio infelice, ma la sposa è dotata di una forza d’animo e di una capacità di comprensione che le consentono di avviare col marito un confronto dagli esiti imprevedibili.
Al centro della vicenda un inginocchiatoio, strumento di preghiera ma anche di sottomissione. Tramandato di generazione in generazione fino ai giorni nostri, questo oggetto dalle caratteristiche ambigue diventa lo spunto per riflettere ironicamente sui diversi modi di concepire l’intimità coniugale e le continue metamorfosi della memoria e della tradizione familiare.
La voce che legge alcune pagine del libro è dell’Editore