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“Niente è casuale, penso. Tutto è l’effetto della volontà di ognuno di noi e delle nostre azioni. Tutto è conseguenza del tocco umano. Il fortuito non esiste. L’accidente non esiste. Il caso non esiste. Esiste solo l’imprevisto, che per convenienza confondiamo con la fatalità o con la coincidenza.”
Motta Molino è un antico borgo sferzato dai venti, incastrato fra le rocce del Monte Anemoi e adagiato su una spianata naturale che sembra messa là, fra spuntoni di pietra e strapiombi minacciosi, apposta per ospitarlo.
Il paese, che in un lontano passato ha goduto del benessere economico derivante dalla produzione dei diciassette mulini in faccia al mare, sconta da decenni una condizione di progressivo declino che le duecentoventiquattro famiglie residenti non fanno nulla per contrastare.
Le giornate scorrono fiacche e inutili, vivacizzate solo dal turbinio delle maldicenze e dei pettegolezzi, delle indiscrezioni e delle confidenze che, insieme alle immancabili correnti d’aria, percorrono il reticolo disordinato dei vicoli, infilandosi indifferentemente in ogni casa.
In quel paese è nato e vive Giacomo Controvento, bidello ormai in pensione della Scuola Media Statale Zefiro, che reca nel cognome lo stigma della sua diversità, tanto da essere disprezzato e deriso da tutti i compaesani per cause di cui non ha nessuna colpa e le cui ragioni si perdono nella notte dei tempi.
Quando la quieta immobilità del posto è improvvisamente sconvolta da una successione di eventi gravi e all’apparenza inestricabili, Giacomo Controvento, da colpevole designato, dovrà sfidare i pregiudizi e dissolvere le ambiguità per conquistare, se non la propria innocenza, la propria dignità.