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“Insolitamente soddisfatto per quell’incarico che prevedeva una lettura interessante come incipit, l’Ufficiale si è sistemato meglio sulla poltroncina e ha iniziato la lettura, tralasciando gli altri volumi che aveva già preparato in bella vista sulla scrivania e che si riprometteva di leggere in sequenza, e che erano:
1) Shepherd Mead, ‘La seduzione impalpabile’
2) Patricia Cornwell, ‘Ritratto di un assassino’
3) Raffaele Polo, ‘O Andramou pai’”
Uno scrivere, un modo di raccontare indubbiamente fuori dal comune sentire, quello di Raffaele Polo. Non è facile trovare aggettivi per definirlo: Accattivante? Evocativo? Surreale? Misteriosamente affascinante? Intrigante? Sornione?
Sì, perché nel suo raccontare ha una caratteristica che molto di rado ho riscontrato nell’altrui scrivere, seppur di nomi illustri: Raffaele Polo si fa beffe delle convenzioni del tempo, dello spazio, dei luoghi comuni della mente e dello snocciolarsi della vita quotidiana.
Con una scrittura fortemente evocativa, trasporta il lettore nello spazio e nel tempo; certo, lo sanno fare anche altri, ma la sua abilità è particolare: salti repentini tra presente e passato che però non recano alcun nocumento allo scorrere degli eventi. Perché per Raffaele Polo la dimensione temporale ha altre misure, e riesce a calare il lettore in una diversa visione spazio/tempo, coinvolgendolo a tal punto da rendere credibili eventi surreali.
(Dalla Prefazione di Dedo di Francesco)