«…di tutta quella decorazione così curiosa e così singolare, un punto in particolare era arrivato a interessarmi. Ho già detto che il salone degli stucchi aveva tre porte, tutte di un bel legno fulvo e venato, di cui due si aprivano sul vestibolo di fronte alle finestre. La terza, che dava accesso alla stanza con i medaglioni mitologici, aveva di fronte quell’alto specchio di cui ho già parlato e che per simmetria ne simulava una quarta contenuta in un’identica cornice di marmo. Questa quarta porta fittizia era dunque formata da un grande specchio che, per le sue dimensioni, rappresentava un capolavoro dell’industria veneziana.
Col tempo, aveva acquisito un indefinibile e stupefacente aspetto di profondità marina e come sotterranea, e le immagini che si formavano assumevano una specie di oscurità crepuscolare, qualcosa di lontano e di misterioso. Le luci vi si riflettevano come velate. Tutto vi appariva grave e distante in un arretramento verso un aldilà straordinario.»
Unico racconto fantastico fra i “Racconti Veneziani”, storia di un soggiorno sempre più inquieto attraverso una Venezia nitida e sfuggente e solo in apparenza pittoresca, la trama dell’ “Incontro“ ruota intorno all’inesplicabile scomparsa di un piccolo busto settecentesco raffigurante un nobile veneziano sconosciuto.
Storia di fantasmi, vampirismo psichico o allucinazione, variazione sul tema del doppio, sfugge in realtà a qualsiasi codice: razionale o sovrannaturale. I fatti semplicemente accadono e, secondo il protagonista, che dopo molti e insoddisfacenti tentativi di spiegazione infine li accoglierà come naturali e necessari, sono realmente accaduti.
Lungo le strade e negli interni veneziani, Régnier prepara in maniera magistrale “l’avvenimento”, il solo avvenimento che nella vita aristocratica e abitudinaria del protagonista resterà inspiegabile per sempre.
A cura di Ida Merello