“Rimasta sola, Jo aprì la busta e ne estrasse una lettera che sapeva di fiori (quasi certamente residui del profumo di Amy) e di altri aromi a lei sconosciuti. Quella lettera, dalla carta color zafferano, scritta con una grafia larga e tondeggiante, sapeva di Londra. C’erano dentro il Big Ben e il British Museum; c’erano i romanzi di Dickens e le opere di Shakespeare; c’erano la regina Vittoria e le carrozze sul ponte di Westminster.”
Cosa sarebbe potuto succedere se invece di andare a New York a fare la governante presso la rassicurante Mrs Kirke, Jo March fosse riuscita a realizzare il suo sogno di recarsi in Europa? Come sarebbe cambiata la sua vita se, per esempio, avesse avuto l’opportunità di trascorrere un periodo lavorando come istitutrice nella capitale britannica? Avrebbe incontrato un altro Mr Bhaer oppure avrebbe finito per sposare Laurie, per la felicità di tante lettrici deluse dal finale a sorpresa scelto dalla Alcott? Oppure niente di tutto ciò? Se lo è chiesto l’autrice di questo romanzo, che ha voluto immaginare per Jo March, la sua eroina d’infanzia, un avvenire diverso da quello narrato nel seguito di Piccole Donne.