Si può dire che la vita di Placido Scandurra è stata ed è ancora ad immersione totale nelle arti: una carriera da restauratore, molto richiesto e stimato in Italia ed all’estero, professore di pittura e tecniche dell’incisione, soprattutto talentuoso e generoso artista, sempre disponibile a promuovere rapporti internazionali ed organizzare mostre. Nella sua vita, inoltre, non è mancata un’esperienza formativa e spirituale, cioè la sua adesione ad un nuovo tipo di yoga chiamato Sahaja Yoga o Yoga spontaneo, fondato da Shri Mataji Nirmala Devi (1923-2011), nota attivista indiana, diventando sahaja yogi lui stesso.
Fondamentali, i ricordi d’infanzia e le impressioni forti e leggendarie che, una terra antica ed energetica come quella siciliana, ha impresso nel suo personale immaginario, testimoniati nel significato profondo della sua arte.
In copertina un quadro della Sibilla di Tivoli, Sibilla Albunea o Tiburtina che, secondo la leggenda, profetizzò la nascita di Gesù Cristo nel mondo classico.
Qui è stata rappresentata con un solo occhio, il pineale occhio dell’anima con capacità di chiaroveggenza, ma è anche un significativo rimando all’odierna tecnologica informatica, all’interno di quella Société du Spectacle già descritta negli anni ’60/’70 dal fi losofo francese Guy Debord, come Il cattivo sogno della società incatenata; cioè la “società dalle immagini” ipnotiche ed anestetiche. L’occhio non è innocuo. Come parte stessa del cervello, può abbracciare il suo oggetto in un’apoteosi di bellezza oppure può ridurlo in pezzi, mentre la parte ancora selvaggia che sta dentro di noi tende ad agire secondo reazioni primarie, se non integrata ed allenata alla complessità ed alla tolleranza. L’artista, stabilitosi a Roma, facendo presto la scelta di non seguire le mode e gli schieramenti di mercato, in nome di una ricerca personale e coerenza interiore, ci avverte che soprattutto non dobbiamo dimenticare il nostro contesto. Abbiamo creduto infatti di poter sottomettere con la tecnologia Madre Natura, in una visione del mondo antropocentrica, alimentando infine un’economia perversa, basata sull’illusione della crescita illimitata. In tal senso gli argomenti e le tematiche, all’interno delle quali si muove la sua poetica, sono di ispirazione junghiana e l’artista sembra muoversi dialetticamente tra due forme di rappresentazione predilette, in una specie di oscillazione tra l’osservazione della moltitudine dell’umanità (tutti collegati come siamo al destino comune della Natura) e la persistenza del rapporto con il Daimon ovvero l’Alter ego, il doppio divino, l’intermediario tra gli uomini e gli dèi, dotato di un grande potere, ora sublime, ora malevolo, ma sempre misterioso. Molti sono stati i grandi critici e storici dell’arte che hanno scritto di lui su prestigiose testate e le sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private.