Forse oggi è difficile immaginare che fino a pochi decenni fa, nei Castelli Romani, molti contadini vivessero ancora dentro le capanne… una trama di capanne, nere e fumanti, disseminate nelle campagne. Naturalmente vi erano anche case in muratura, le casettole, abitazioni rurali monolocali o di camera e cucina, senza bagno; e comunque non mancavano case più grandi, persino a due piani, che era il massimo lusso residenziale. In tale condizione di vita la seconda guerra mondiale sorprese tante famiglie che abitavano nelle campagne di quell’ultimo Castello Romano a sud di Roma.
Immaginate dunque cosa potesse significare per una famiglia, ritornando dallo sfollamento al termine della guerra, non trovare più la propria casettola, spazzata in aria da una bomba o da una granata. Da qui si sviluppa la storia e iniziano i difficili percorsi di vita di tutti i protagonisti, madre, padre e figli, per conquistare il benessere economico e uscire dalla capanna. In questa lotta per la sopravvivenza scoppiano conflitti famigliari durissimi, ma sbocciano anche meravigliose storie d’amore poiché l’amore sfugge alle regole della povertà e della ricchezza. Come quella di Valentino e Valentina, che rasenta il mito, e i giovani che la leggeranno non potranno sottrarsi al confronto e al suo fascino soave. Percorsi di vita che approdano alla civiltà dei nostri giorni, quella del benessere, dell’edonismo di massa, della sessualità sfrenata, sradicata dalla morale, e della felicità chimica: doni elargiti a piene mani dalle tre dee della modernità… E quando Valeriano, il padre, in una sorta di resoconto finale della sua esistenza, una lunga catena di sofferenze, trova un filo conduttore di tutto attraverso le gioie vere, conquistate soffrendo, le poche parole che concludono il libro sono così sorprendenti che forse viene la voglia di tornare alla prima pagina e ricominciare a leggerlo daccapo.