«Passarono una settimana, due, tre mesi. La faccenda cominciava ad andare bene: il gioco di perdere e ritrovare prendeva forma. Aveva perso il portasigarette, primo diavolo tentatore, aveva perso dieci ombrelli, un orologio da polso, una spazzola di sua madre, che il Cielo l’abbia in gloria, tre macchine fotografiche, diciotto bastoni, due monocoli, una valigia, quattro impermeabili, tredici pipe, tre portafogli…»
In questo breve e rocambolesco romanzo è racchiusa l’essenza di un’epoca. Di fatto, il testo di Trabal, il primo tradotto in Italia, riesce nell’impresa di combinare in un vortice dai risvolti avanguardisti la malinconica risata di Charlie Chaplin e l’ironica tragicità di Franz Kafka. Lluís Frederic Picàbia, un giovane e ricco imprenditore abbandonato all’improvviso dall’amata, non sa come affrontare l’abisso di solitudine e inedia a cui sembra essere destinata la sua esistenza. Solo la perdita fortuita di un portasigarette d’oro gli offre una soluzione inattesa. A partire da quel momento dedicherà tutte le sue energie all’intrigante passatempo di smarrire e ritrovare oggetti: ombrelli, orologi, spazzole, macchine fotografiche, bastoni, monocoli, impermeabili, pipe… Il fascino di un’attività così insolita, però, consiste nell’alzare continuamente la posta in gioco e arriverà a perdere una dattilografa, un edificio sulla 5th Avenue, milleottocento Ford, varie gabbie con leoni, bare con i rispettivi cadaveri, il palazzo della Presidenza svedese, cinquemila bambini cinesi, ecc. in una fuga dalla realtà e da se stesso che condurrà il protagonista all’amore e alla follia, ridotto a un burattino vittima dei propri demoni personali e dell’umorismo disperato di un autore che sorride mentre affonda la penna nell’insoddisfazione perenne dell’essere umano.
a cura di Simone Cattaneo