Questi componimenti costituiscono lo sguardo nell’intimità del dolore di uno spirito che rimane prigioniero all’interno dell’universo che lo circonda. Esiliato dall’inconscio tiranno, solenne sentinella della quiete e giudice vicario della provvidenza, lo spirito tenta di raschiare le strade battute raccogliendo le stranezze deformi di una realtà sporca. Barcamenarsi nell’Irrazionale così vivo con fiato, grida, singhiozzi e tosse si tramuta in coscienziosa esperienza del reale al quale non si cede il proprio credo. Un otre stracolmo di raffigurazioni sulle quali la luce arriva razionata con estrema premura, stracolmo di divinità ormai decadute ed erose dai rumori del quotidiano. L’esule non può che catalogare cieco i condannati mischiati a lui nello stesso vento e lodare le velleità di queste lumache che tentano una fuga quotidiana dal contenitore in cui dimorano. L’invettiva viva e tenace con cui si combatte l’esilio cede spesso il passo alle più miti cure, impersonificate dal ricordo e dalla totale dimenticanza della propria condizione. Quest’ultime sorreggono l’istante della fine che arraffa solennità per poi, intorpidito dal dolore, sputarla fuori come acqua salata.