“Sentirsi così appassionato per la vita, dopo tanti anni di rassegnazione, è una straordinaria esperienza, ma è anche un’esperienza che può lasciare esausti. Si entra in un ciclo esistenziale che richiede un diverso equilibrio fisico e psicologico. Scopri di avere in corpo la vitalità di un giovane, e poi a un tratto ritrovi un altro te stesso, distrutto e invecchiato.”
Molti matrimoni venne definito da F. Scott Fitzgerald uno dei migliori romanzi di Sherwood Anderson. Dato che sosteneva la tesi del fallimento dell’istituzione della monogamia, cioè del matrimonio, il libro fu rifiutato da molte librerie degli Stati Uniti (perfino a New York) e dell’Inghilterra, e creò non pochi problemi all’editore che lo aveva pubblicato. Nonostante questo, Fitzgerald disse che non si trattava di un libro “immorale” bensì di un libro “ferocemente anti-sociale”. Lo stesso Anderson aveva avvisato in anticipo che “Molti matrimoni” sarebbe stato accusato di immoralità, ma solo perché indagava nella direzione di una liberazione fisica e psichica, cercando per prima cosa di rivelare a se stesso quale fosse la strada giusta per un essere umano. Il romanzo può apparire semplicemente come la storia di un adulterio, perfino uno dei più stereotipati: quello del capo con la sua segretaria. Ma la riflessione di Anderson, priva di qualsiasi inibizione, è molto più profonda e mistica e vuole indagare l’uomo nella sua essenza, per capire quali forze interiori, a volte ineludibili, lo muovano attraverso le convenzioni sociali.