A cura di Andrea B. Nardi
Il capo mandriano John Curry sta attraversando il deserto a cavallo per salvare la vita di un bambino indiano, quando viene disarcionato. Tratto in salvo per caso da una donna sposata, sola e con un marito geloso e intrigante che diventerà un suo mortale nemico, si trova via via coinvolto in un traffico illegale fra contrabbandieri e misteriosi riti indiani. A meno che Curry non cavalchi di nuovo, tre persone moriranno e una di loro è proprio lui stesso. Pubblicato per la prima volta a puntate in rivista con il titolo Desert bound, e l’anno successivo in volume con il nuovo titolo, Captives of the Desert si differenzia dalle tipiche narrazioni di Zane Grey per vari aspetti, e per altri è meritevole di interesse filologico. Nostalgico del mito della Frontiera come tutta la produzione del grande autore americano, questo romanzo è però già rivolto al nuovo secolo che avanza, con le sue contraddizioni e i suoi pericoli, trasportandoci in quell’America di inizio Novecento che stava affannosamente tentando di edificare un epos degno della propria identità nazionale.