“Dentro iniziò a crescerle la consapevolezza di chi fosse veramente e l’idea che, se l’anima riprecipita in una nuova vita, lei avrebbe potuto conoscere le rocce millenarie tra le quali aveva vissuto molto molto tempo prima. Sfi orava con le mani le mura diroccate del vecchio edifi cio sulla cima del monte, là dove andava da sempre a veder sorgere il sole, ma ora sentiva dentro di sé risvegliarsi antichi culti che onoravano la Madre Terra con rituali e cerimonie, lei antica sacerdotessa di quel tempio a quel luogo era tornata per renderle omaggio e per riallineare gli uomini con la natura.”
Dorotea è una fanciulla che cresce nella Viterbo del XVI secolo, in un contesto, approfondito e descritto tramite un’attenta indagine storica, fortemente caratterizzato da rigorose regole morali imposte dalle autorità religiose dominanti, da una categorizzazione rigida del ruolo delle donne nella società, da una forte discriminazione dei cittadini ebrei. Per lei, che ama essere indipendente, che condivide una profonda amicizia con una ‘giudea’ e che apprende a curare con le erbe da un’anziana vedova, la vita non può essere facile. Dopo una violenza subita, rifiuta il matrimonio riparatore con il suo aggressore e scappa. Da quel momento il contatto con la natura diventerà catartico in un crescendo continuo.
Stimata dalla gente del bosco, verrà improvvisamente tradita e consegnata a un tragico destino, tuttavia si ricongiungerà alla luce, al fuoco e ai suoi alberi per sempre. Questa vita, una vita tra tante altre, è affidata ai boschi e alle rocce che la protagonista ha amato, finché qualcuno non ha deciso di svelarla, per farla nascere ancora, ritessendone le trame in forma scritta.