“Torna in America e guarda di che cosa dobbiamo accontentarci.”
Constance Fenimore Woolson, come sosteneva Henry James, era una scrittrice “pervasa da uno spirito straordinariamente tradizionalista”. I suoi personaggi femminili, in effetti, non incarnano le istanze femministe tardo ottocentesche, né accennano a ribellarsi ai riti formali imposti dalla loro classe sociale. Eppure, a volerli guardare con occhio sospettoso, i racconti qui proposti ci fanno dubitare che l’intento della scrittrice fosse solo quello di raccontare l’Italia degli espatriati americani affascinati dalle bellezze paesaggistiche e artistiche, e conquistati dalla passionalità nostrana. I suoi personaggi si muovono in un’Italia sempre e solo da cartolina, che di certo ammirano e forse amano, nella quale però non smettono di sentirsi stranieri. Così, sullo sfondo di una Toscana ovviamente incantevole, consumano i loro amori, si tradiscono e si ammalano, se ne vanno e ritornano, rispettati con servile cortesia dai popolani e malvoluti dai loro ambasciatori, che li trattano con diffidenza. E spesso soffrono, – come capitò alla Woolson, che nel nostro Paese si ammalò di depressione, – ma con l’apparente leggerezza di chi si trova in un luogo troppo bello per poter mai ammettere davvero di soffrire.
Constance Fenimore Woolson (1840-1894), scrittrice americana, viaggiò molto e visse anche in Italia. Amica intima di Henry James, come il grande scrittore raccontò il mondo degli americani espatriati. È autrice di alcuni romanzi e numerosi racconti pubblicati su importanti riviste letterarie.