“C’è del buon odore in alcune esistenze, quasi come quello del pane caldo e fragrante che ci incoraggia nei momenti più bui a esseri più forti, a superare la nostra intrinseca pochezza, e riuscire a sconfiggere la nostra mediocrità. Diventare, finalmente, qualcosa di diverso. Il signor Ottoni accarezza la testolina del Principino e con estrema solerzia gli pulisce un filamento di bava che l’improvvido erede si sta facendo colare dalla bocca. C’è decisamente del buono in alcune vite, mi dico.”
Work in progress ha un doppio significato. È una storia di uno scrittore che sta lavorando al suo romanzo, e appunta in un diario le incertezze, gli elementi di ispirazione e le peripezie che si trova a dover affrontare. Ma è anche la denuncia di un sistema sociale in cui il lavoratore si trova a subire una moderna alienazione in cui è ridotto a un semplice numero e costituisce una minuscola rotellina dell’immenso ingranaggio produttivo che è l’Azienda.
Tutto questo viene raccontato in modi diversi, quasi che l’autore si sia divertito a sperimentare diversi stili. Ma anche questa è una metafora, per sottolineare la poliedricità e la versatilità alla quale deve prestarsi il lavoratore per non essere la preda in un mare di squali.
